Perché Cristo sia il Signore dei nostri occhi
Abbiamo cantato «Salvabo Te, noli timere», io ti salverò. Che cosa vuol dire questo salvare? Vuol dire far essere. La prima salvezza è la creazione, è il fatto che viviamo, ci ha fatti essere; ma a che varrebbe questa nascita alla vita se non fosse per una permanenza e a che varrebbe la permanenza se non fosse per una permanenza felice? «Io ti salverò, non temere», io condurrò a termine, ciò che ho iniziato; questa frase della lettera ai Filippesi che io ho sempre chiesto alle case del G.A. di avere esposta sulle loro mura è quanto di più pieno di consolazione si possa immaginare. «Consolamini, consolamini popule meus»: la tua vita è piena di questa consolazione. Possiamo chiamare promessa questa ragione della vita, questa certezza della vita, e la gioia o la letizia, più timidamente, non sono che il riverbero nel cuore di questa promessa.
Dio è fedele – «Salvabo Te, noli timere» – Dio è fedele: per questo la promessa è già come l’adempimento, è già come esserci nel compimento felice. Ma questo “ti salverò”, questo “non temere” non riguarda solo l’ultimo grande paragone, il paragone di quel che la vita dell’uomo chiama morte, questo ti salverò, questo non temere non è soltanto di fronte al nemico della vita che è la morte: sono parole che riguardano anche il cammino, che già riguardano i passi del nostro cammino, che riguardano questa vita. Ti salverò in questa vita: non temere nulla di questa vita se strappi via dagli occhi come primo oggetto del tuo sguardo te stesso – per il bene, per il male, per lamentarci, per presumere –; e davanti agli occhi immediatamente poni Cristo. Perché Cristo è la salvezza che il profeta ha promesso.
È nella compagnia di Cristo che non c’è timore, quante volte l’ha ripetuto il vangelo: «non temere, piccolo gregge». Non temere: io ti salverò su questa strada, io ti farò compiere questa strada; non temere. Non temere ciò che ti circonda e non temere te stesso. Temere se stessi è mettere sé di fronte agli occhi, prima di tutto il resto, prima di Cristo; temere se stessi deve essere strappato via al nostro sguardo perché Cristo domini, perché Cristo sia il Signore dei nostri occhi.
«Fate questo in memoria di me», vivete nella memoria di me, vivete con lo sguardo fisso a Me, con Me il vostro sguardo si incontri ogni volta che vi svegliate dal sonno, ed è il sonno della notte, ma è anche il sonno della distrazione, da questo sconfinare nel niente della vanità e dell’apparenza che percuote la vita di tutti gli uomini. Ogni volta che vi svegliate dal sonno ricordatevi «Fate questa memoria, ricordatevi di Me”.
«È tempo ormai di svegliarvi dal sonno, la nostra salvezza è più vicina ora di quando diventammo credenti». È attraverso il gesto con cui vi ha presi per sé, che la sua vicinanza al vostro sguardo si è fatta infinitamente più grande di quando siete diventate credenti; è senza paragone l’emozione sommessa che in questo momento vibra in noi di quando abbiamo provato quell’emozione che ci ha portato nel movimento, nella Chiesa viva; è senza paragone perché ora ci stringe a sé così capillarmente che noi siamo invitati a dire «Signore tu lo sai che io ti amo», la mia vita sei tu, tu sei me.
Luigi Giussani, dall’omelia del 29 11 1981
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